Il termine olistico (dal greco olos, totalità) è stato coniato negli anni venti da Jan Smuts, un intellettuale e filosofo sudafricano. Smuts definì l’olismo come la tendenza in natura a formare interi che sono più grandi della somma delle singole parti che li compongono. Il tipico esempio di struttura olistica è proprio il corpo umano: se prendiamo in esame soltanto la sommatoria delle singole parti materiali che lo compongono non possiamo descrivere la vita nella sua totalità. Emozioni, espressioni, attitudini, atteggiamenti e sentimenti non sono riconducibili soltanto a fenomeni biochimici, ma rappresentano uno stato d’essere presente soltanto negli esseri umani.
In parole più semplici, possiamo considerarci la somma di tre fattori: ciò che facciamo, ciò che mangiamo e ciò che pensiamo. Per mantenerci in salute e per permettere al nostro corpo di interagire con l’ambiente che ci circonda, non è possibile coltivare e sviluppare questi aspetti uno alla volta, ma è necessario prenderli in esame e migliorarli tutti e tre insieme. L’individuo “in salute” è colui che agisce, mangia e pensa, in maniera naturale, spontanea e consapevole.
L’ambiente, inteso come l’insieme degli stimoli che su di noi agiscono e provocano reazioni, risposte e cambiamenti, è un fattore importantissimo per la nostra salute. E così come l’ambiente influenza il nostro organismo, anche le nostre scelte ricadono sull’ambiente, modificandolo in un senso o nell’altro. Da questa considerazione nasce l’interesse per una nuova scienza che sta modificando radicalmente il modo di concepire la salute e che rappresenta già il futuro della medicina: l’epigenetica.

L’ Epigenetica è una scienza che studia le mutazioni genetiche di superficie, cioè quelle che non alterano la composizione del dna vero e proprio, ma condizionano l’espressione dei geni. Robert Waterland, ricercatore del Baylor College of Medicine di Houston, Texas, riassume in parole semplici il concetto di epigenetica:
“Se paragoniamo il DNA all’hardware di un computer, l’epigenetica è il software, che stabilisce ciò che il computer può e deve fare”
L’epigenetica studia i caratteri che nel corso della nostra vita si manifestano in ognuno di noi, sia in senso positivo che negativo. Caratteri che, una volta manifestati, oltre che condizionare la generazione corrente, possono diventare ereditabili anche da quelle successive alla nostra. Ecco allora l’importanza delle nostre scelte di oggi: attività fisica, alimentazione, sfera emotiva e ambiente modulano l’espressione dei nostri geni e decidono se nel tempo verranno espressi i geni della salute o quelli della malattia.
La cosa più entusiasmante è che molte modulazioni epigenetiche possono essere reversibili e soprattutto ampiamente prevedibili. Qui entra in gioco l’applicabilità di strategie che devono per forza di cose essere personalizzate e che mirano a dirigere la modulazione epigenetica affinché possano essere espresse nel tempo tutte le caratteristiche associate alla buona salute e soppresse invece quelle che predispongono a stati di malessere o malattia.
Noi abbiamo un ruolo attivo nel modulare il nostro epigenoma in base a quello che mangiamo, a quello che facciamo e a quello che pensiamo. Non possiamo cambiare la nostra genetica ereditata, ma è il nostro stile di vita che determina quali caratteristiche verranno espresse e quali no.
Scelte di tipo epigenetico possono essere applicate praticamente a tutti gli ambiti della vita: conoscere i meccanismi che regolano le modulazione geniche, in parole più semplici, attivare gli interruttori giusti e lasciare spenti quelli sbagliati, diventa allora di grande importanza per noi, per le persone che interagiscono con noi e per l’ambiente di cui facciamo parte e dal quale a sua volta dipende il nostro stato di salute.
Ecco che allora la programmazione epigenetica, assieme alla nutrigenetica e alla nutrigenomica, rappresentano degli importantissimi strumenti per ritrovare, mantenere e soprattutto per prevenire innumerevoli disturbi. Queste nuove scienze, che vantano oramai migliaia di studi pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche, rappresentano anche un nuovo modo di intendere la vita, più vicina al mondo naturale di cui facciamo parte, più sostenibile e più rispettosa dell’ambiente. Una vita più lunga e felice possibile, che possa sopratutto essere vissuta in piena salute psico-fisica e al massimo delle nostre facoltà.

Rupert Sheldrake e i campi morfogenetici
Biologo e saggista britannico, dopo aver conseguito due lauree, a Cambridge e Harvard, e aver fatto parte delle Royal Society di Cambrige, Rupert Scheldrake ha proseguito le sue ricerche che durano da più di trent’anni e che sono culminate nella formulazione della teoria della risonanza e dei campi morfici. Siamo nell’ambito della speculazione scientifica, sia chiaro, ma vale comunque la pena studiare e conoscere il lavoro di Shaldrake, se non altro per spingere sul pedale del futuro, cosa di cui abbiamo assolutamente bisogno dopo lo smarrimento di molti davanti a uno scientismo chiuso ermeticamente, impermeabile alle incursioni filosofiche e che teme i confronti.
COSA SONO I CAMPI MORFOGENETICI? La definizione sommaria di “campo” in fisica è una regione dello spazio dove avvengono e dove si possono propogare determinati fenomeni. La teoria dei campi descrive la dinamica di un campo, ovvero la sua variazione nel tempo. Michael Faraday capì per primo l’importanza del campo come OGGETTO FISICO che può trasportare energia.Detto questo, secondo Sheldrake se un certo numero di persone sviluppa determiniate proprietà psicologiche, comportamentali o organiche (fisiche), queste vengono automaticamente acquisite dai membri della stessa specie.
Ogni trasformazione individuale comporta una modificazione di tutto il sistema e chi si trova dentro a quel sistema ne viene inevitabilmente coinvolto.

Questo concetto apre la strada a quella che viene definita INFORMAZIONE NON LOCALE: siamo immersi in un ambiente che ci relaziona, dal quale riceviamo continuamente input grazie ai quali elaboriamo specifiche risposte individuali che andranno a ricadere complessivamente sull’ambiente stesso. QUALI IMPLICAZIONI?In epigenetica si parla di ESPOSOMA, ovvero l’insieme degli stimoli, ambientali e non, a cui un essere umano o più in generale un qualsiasi organismo è esposto GIA’ DAL CONCEPIMENTO, quindi da prima ancora della nascita.
Dall’esposoma, che noi stessi continuiamo a creare e a modificare attraverso ogni NOSTRA SINGOLA SCELTA, dipende il nostro stato di salute psico-fisico. L’AIRC, fondazione per la ricerca sul cancro, scrive nel suo sito testualmente che “insieme alla componente genetica, l’esposoma contribuisce allo sviluppo delle malattie croniche e la sua comprensione contribuisce a formulare nuove strategie di protezione”.
Possiamo dunque spingerci a considerare l’ESPOSOMA COME UN ORGANISMO VIVO E PULSANTE nel quale siamo immersi, composto da linee di forza lungo le quali avvengono incessanti scambi di informazioni che dal singolo individuo irradiano verso tutto il sistema e che dal sistema raggiungono ogni singolo individuo.
Le implicazioni sono davvero sfaccettate e innumerevoli, sia nel senso positivo sia in quello negativo. E proprio per questo, in virtù di tutte queste ricerche di frontiera, la speranza è che fiorisca un nuovo tipo di coscienza collettiva oltre che personale. Un nuovo slancio dell’animo che, sulla base di IMPRESCINDIBILI, PRECISE E APPROFONDITE CONOSCENZE, contempli che ogni singola, piccola o grande nostra scelta, ha bisogno di essere ponderata con la lungimiranza e la consapevolezza di chi ha ben chiaro che già duemila anni fa Gesù disse: “OGNI VOLTA CHE AVETE FATTO QUESTE COSE A UNO SOLO DI QUESTI MIEI FRATELLI PIU’ PICCOLI, L’AVETE FATTO A ME”. Mt25,31-46
Da quest’anno la Programmazione Epigenetica fa parte del programma del nuovo percorso di formazione sul Metodo P.F.M. Psico-Fisico-Muscolare
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Legge 14 gennaio 2013 n. 4 pubblicata nella G.U. n. 22 del 26 gennaio 2013